Per la terza volta Recep Tayyip Erdoğan si conferma presidente della Turchia. A 69 anni, di cui 21 al potere, il reìs è pronto a guidare il paese in quello che ha battezzato come «il nuovo secolo della Turchia». Una vittoria arrivata al ballottaggio, con il 52,1% dei voti contro il 47,9% del suo sfidante Kemal Kiliçdaroglu.
Nonostante i sondaggi avessero dato in vantaggio Kiliçdaroglu, la vittoria di Erdoğan era prevedibile. La sua forza carismatica resta vitale per un paese affaticato da esposizione imperiale e crisi economica, prostrato dalle ricadute del terremoto del 6 febbraio.
Erdoğan è ancora il più potente leader turco perché non ha mai smesso di presentarsi come incarnazione plastica delle ambizioni imperiali. Presunto uomo forte, capace di contrastare un Occidente minaccioso al quale opporre una Turchia simbolicamente tornata all’impero ottomano.
Contro di lui nulla poteva una figura pacata come Kiliçdaroglu, rappresentante di ideali occidentalistici. Inoltre la sua origine alevita si pone in contrasto con il sunnismo diffuso in Turchia, avvicinandolo idealmente a potenze sciite ostili ad Ankara.
Adesso la sfida di Erdoğan sarà finanziare il progetto imperiale con denaro proveniente dalle monarchie del Golfo, pronte a sostenere la Turchia perché rappresentante di ambizioni panislamiche. Con i piedi puntati in Asia centrale e lo sguardo rivolto alla Cina.
Immagine di copertina: Foto di Meg Jerrard su Unsplash