Negli anni Duemila Silvio Berlusconi e Recep Erdoğan mantennero un eccellente rapporto. Nel 2003 Berlusconi fu testimone di nozze di uno dei figlii del reìs, Bilal. A legare i due leader una genuina simpatia e l’impressione d’aver avuto una carriera simile – parola dell’ex premier italiano.
Ma i rapporti personali non hanno mai peso nelle relazioni tra Stati, trattasi di distorsione tipica della politica. Anzi, soggetti compiuti intrecciano relazioni a prescindere da chi li guida. Così l’intesa Berlusconi-Erdogan non ebbe effetti sull’interazione italo-turca.
Ai tempi Berlusconi si spese massicciamente per l’ingresso di Ankara nell’Unione Europea, nella convinzione che la Turchia fosse una nazione qualsiasi e non un impero, approccio simile nei confronti della Russia, scambiata per un paese associabile per bonomia agli Stati Uniti e alla Nato.
Eppure, l’influenza di Ankara continuò a crescere ai nostri danni. Nei Balcani, specie in Albania, e nel Mediterraneo orientale. Addirittura, nel 2019 la Turchia è diventata padrona della Tripolitania, con tanto di zona economica esclusiva, con noi su uno strapuntino, soggetti alla sua volontà.