I tre livelli dell’incontro Modi-Biden

I tre livelli dell’incontro Modi-Biden

La visita alla Casa Bianca del primo ministro indiano Narendra Modi arriva 14 anni dopo l’ultimo incontro di Stato tra Delhi e Washington. Un evento che ha seguito il più alto livello di protocollo diplomatico statunitense, tra cerimoniali di benvenuto e cena di Stato alla Casa Bianca, e che assume connotati significativi alla luce dei precedenti legami tra Modi e gli Stati Uniti.

All’attuale primo ministro indiano nel 2005, quando amministrava il Gujarat, stato dell’India occidentale, era stato negato il visto per l’ingresso nel paese. Eppure, se oggi assistiamo al punto di massimo riconoscimento reciproco tra le due democrazie più grandi del pianeta un motivo c’è. Anzi, ce ne sono tre, secondo i tre livelli di interpretazione che questo episodio assume.

Il primo e più superficiale è quello di cooperazione economica. Gli Stati Uniti oggi rappresentano il primo socio commerciale dell’India, che ambisce a sostituire la Cina come prima fabbrica del mondo. Nel 2022 gli scambi tra i due paesi si sono attestati sui 128 miliardi di dollari, un dato destinato a crescere anche in virtù del costante aumento della popolazione indiana che, con 1.4 miliardi di abitanti ha strappato alla Cina il primato di paese più popoloso al mondo. Gli accordi bilaterali vanno dalla cooperazione industriale al clima, dalle telecomunicazioni ai visti – con la comunità indiana che è la seconda più numerosa negli Stati Uniti dopo quella messicana.

L’interesse principale però è nel campo della difesa: gli Stati Uniti intendono chiudere accordi per la produzione di motori per jet da combattimento e per l’acquisto di droni Predator. L’intento è quello di ridurre la dipendenza indiana dall’approvvigionamento militare russo, che costituisce circa l’85% dell’arsenale di Delhi, più grande importatore di armi al mondo.

Con lo scopo di attrarre a sé Delhi, allontanandola da Mosca. Soprattutto alla luce della posizione presa dall’India dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Il primo ministro non solo non ha condannato l’invasione russa – astenendosi nella votazione in sede Onu – ma ha aumentato l’acquisto di gas russo, sovvenzionando di fatto le operazioni militari di Mosca.

Il secondo livello è di contingenza tattica. Al momento entrambi i paesi sono propensi ad un avvicinamento per rivendicare il ruolo di mediatori e pacificatori. In più, se l’India ha intenzione con questo incontro di porsi come rappresentante in pectore del Sud Globale, gli Stati Uniti hanno bisogno di garantirsi un alleato che, come Quad certifica, possa favorirli nel contenimento marittimo della Cina. Anche a condizione di chiudere un occhio sulla vicinanza storica con Mosca.

Il terzo livello è di convergenza strategica. Stati Uniti e India hanno in comune il loro nemico d’elezione: la Cina. Per Washington rappresenta l’ostacolo alle future ambizioni di potenza, con conseguente e inevitabile resa dei conti nell’Indopacifico, teatro di guerra che certificherà il detentore della primazia globale.

Per Delhi è il nemico che rischia di annichilire l’aspirazione indiana a divenire grande tra i grandi. Un conflitto alimentato dalla vicinanza territoriale e che ha già portato a scontri violenti nel 2020 nel punto di contatto tra i due paesi, un confine che si estende per circa duemila miglia lungo l’Himalaya. Quella tra Stati Uniti e India è quindi un’intesa solida ma di convenienza, funzionale ad entrambe le parti ma non necessariamente destinata a durare.

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