Stamattina, tre giorni dopo il (presunto) golpe del Gruppo Wagner, è intervenuto sul tema il presidente bielorusso Aljaksandr Lukashenko, apparente mediatore tra gli insorti e il Cremlino, richiamando all’unità della patria comune, l’antica Madre Russia.
Le parole di Lukashenko: «Non mi nascondo, è stato doloroso assistere agli eventi che si sono verificati nel sud della Russia, non solo per me, molti dei nostri cittadini li hanno presi a cuore, perché la Patria è una. Sullo sfondo della ribellione, ho dato tutti gli ordini per portare l’esercito alla massima prontezza di combattimento. Dobbiamo essere più forti della minaccia che ancora una volta incombe come un’ombra sulla nostra terra. E ancora una volta dall’Occidente. Come si vede, la storia si ripete.
«La minaccia di un nuovo conflitto globale non è mai stata così vicina come oggi. Ancora una volta, stanno cercando di far saltare in aria il nostro Paese, la nostra intera regione per disorientare le persone. Scuoti la situazione con ogni mezzo e, sotto questo rumore, imponi le tue regole, stabilisci il tuo ordine. Un ordine in cui non ci saranno più né i nostri paesi né i nostri popoli. Se la Russia crolla, saremo lasciati sotto le macerie, moriremo tutti».
La Bielorussia è di fatto una provincia dell’impero russo e Lukashenko un’estensione di Vladimir Putin. Più rilevante è che, come Minsk, la maggioranza dell’umanità non condanna l’aggressione subita dall’Ucraina e non applica sanzioni alla Russia. Perché? Lo spieghiamo nel nuovo numero di DOMINO, Il mondo contro.