I paesi Baltici saranno protagonisti delle prossime settimane. Dopo la fallita “marcia per la giustizia” sono stati i primi a lanciare l’allarme per una possibile escalation sul fronte occidentale e a dirsi pronti a disporre un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Bielorussia di Lukašėnka.
Le repubbliche baltiche risentono ancora dei postumi dell’indipendenza ottenuta nel 1991 dal disfacimento dell’Unione Sovietica. Territori che la Federazione russa continua a percepire come parte del russkij mir, quella “terra degli avi” da riunire in un unico impero.
Il presidente lituano, Gitanas Nauseda, ha risposto allarmato al nuovo dislocamento bielorusso delle truppe di Prigožin: «gli uomini della Wagner sono dei serial killer e nessuno sa quando potrebbero rivoltarsi contro di noi».
Non a caso si terrà proprio a Vilnius il prossimo vertice Nato, in programma l’11 e il 12 luglio, per pianificare una risposta collettiva alle ultime evoluzioni della guerra in corso. In agenda ci sarà anche l’introduzione della Svezia come trentaduesimo alleato e la discussione della posizione dell’Ucraina. Centro della discussione anche l’aumento della spesa militare dei membri: il 2% sarà non più tetto di riferimento ma base minima di spesa.
Una richiesta fortemente voluta dai paesi dell’Est, Polonia e Repubbliche Baltiche in testa, primo avamposto del contenimento russo.
Tra i pionieri della tolleranza zero nei confronti della Russia c’è anche il primo ministro lettone Krišjānis Kariņš che sulla Wagner ha ribadito la necessità di «aumentare la sicurezza ai confini» per «il rischio di infiltrazioni in Europa» . Con lui si incontrerà proprio oggi la premier Giorgia Meloni in un bilaterale storico. È la prima visita di un capo di governo italiano a Riga dal 1998. Segno di quanto il baricentro d’Europa si sia spostato ad Est.
