Il futuro di Israele

Il futuro di Israele

Lunedì la Knesset, il parlamento israeliano, ha approvato una legge che impedirà alla Corte Suprema di bloccare le decisioni del governo. La proposta è stata approvata all’unanimità dei presenti, i partiti tendenzialmente conservatori o religiosi che sostengono l’esecutivo di Bibi Netanyahu, perché i parlamentari dell’opposizione hanno lasciato l’aula in segno di disapprovazione.

Nelle ore successive sono esplose nel paese numerose proteste che hanno condotto all’arresto di almeno 34 persone. E altre manifestazioni sono attese nei prossimi giorni. Mentre alcune associazioni civili promettono di ricorrere contro la legge presso la Corte Suprema.

Secondo i critici la riforma incrina profondamente il sistema democratico e laico dello Stato di Israele, avvicinandolo agli altri paesi del Medio Oriente (e non solo). Di certo, si tratta di una legge sostenuta da una buona fetta della popolazione, demograficamente in grande ascesa, destinata nei prossimi anni ad essere schiacciante maggioranza.

Quella popolazione di estrazione mediorientale, maghrebina o europea ultraortodossa, dunque estranea all’individualismo democratico e al laicismo occidentale incarnati dai fondatori europei di Israele, di cultura romantica, laica (spesso atea).

Come raccontato da Domino nel numero di aprile (“Se brucia Israele”), un movimento demografico che, al di là della legge in questione, nel medio periodo modificherà definitivamente la cifra culturale di Israele, conducendolo verso la regione di appartenenza, lontano dal sionismo originario.

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