Martedì le Forze di difesa israeliane hanno preso il controllo di numerosi edifici governativi di Hamas nella città di Gaza. Tra questi il parlamento, il quartier generale della polizia e gli uffici di divisione di intelligence delle milizie. Ma l’operazione rischia di aggravare ulteriormente la narrazione intorno allo Stato ebraico.
In questi giorni l’esercito israeliano ha avviato un’operazione «mirata» nell’ospedale al-Shifa. Secondo i servizi di Gerusalemme un’area specifica dell’edificio ospiterebbe non solo armamenti appartenenti alle milizie di Hamas, ma anche uno degli accessi chiave ai numerosi tunnel sotterranei di Gaza.
Grazie alla mediazione di Qatar e Stati Uniti, Israele e Hamas sarebbero inoltre vicini a un accordo per uno scambio di ostaggi e prigionieri. Con oltre cinquanta i cittadini israeliani da liberare in cambio di altrettanti detenuti palestinesi nelle carceri dello Stato ebraico.
Uno scambio di ostaggi potrebbe aprire le porte a un cessate-il-fuoco di tre giorni. Washington ha comunicato a Gerusalemme che l’attacco a Gaza deve necessariamente avere «durata limitata», smentendo le dichiarazioni di Bibi Netanyahu che voleva Tsahal ancorato alla Striscia di Gaza anche al termine dell’offensiva.
Per Israele, incapace di convogliare il proprio sforzo militare su obiettivi chiari, il rischio di un cortocircuito tattico rischia di divenire una fatale realtà. Mentre gli scontri si estendono alla Cisgiordania. E imperversa la guerra mediatica.